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Luca Beatrice

 

Air, Moon Safari e la pittura bianca

 

Per un’inevitabile associazione di idee mi viene implicito il collegamento tra Air, il nom de plume che questa giovane pittrice ha scelto per sé (sul suo talento ci avevo visto giusto, segnalandola tra molti in un concorso d’arte a Verona) e quello dell’omonimo duo francese –Nicolas Godin e Jean-Benoit Dunckel- che alla metà degli anni Novanta esordi con un album molto bello, Moon Safari apprezzato dal pubblico e lodato dalla critica. La via transalpina per uno stile, tra elettronica e cocktail music, estremamente sofisticato, con atmosfere rarefatte, “cool” ed eleganti. Applicando il principio della sinestesia, le sonorità di questo disco virano verso il bianco, cromatismo liquido, elusivo, rarefatto, mentale. Bianco, il colore del non detto e dell’inespresso, senza peso, morbido e carezzevole eppure incisivo. Non è certo un caso che Sofia Coppola avesse chiesto agli Air di comporre la colonna sonora per il film d’esordio The Virgin Suicides (1999) tratto dal romanzo di Jeffrey Eugenides, altrettanto immerso nel bianco.

Può sembrare una digressione eccessiva, ma le cose succedono così, per assonanza, per concatenazioni casuali e certo non logiche. Come quest’altra: alcuni mesi fa è scomparso Robert Ryman, tra i più grandi pittori del minimalismo americano, nonostante le sue superfici appaiano vibratili e calde, ben lontane dalle espressioni più rigide degli anni Settanta. Ryman lavorava col bianco, ponendosi all’apice di una linea che parte da Malevic- White on White, 1918- prosegue con i White Paintings, 1951 di Robert Rauschenberg, continua con i grandi quadri di Agnes Martin, straordinaria artista che inizia a sperimentare il bianco dopo aver osservato il deserto del New Mexico, sostenendo che “l’arte è la rappresentazione concreta dei nostri sentimenti più sottili” e che “i miei dipinti non parlano di ciò che si vede, ma di quello che è presente in eterno nella mente”.

Il bianco, peraltro, non è un solo colore, come afferma Elisabeth Sherman curatrice del Whitney Museum di New York. Il bianco, ricorda, “non è mai qualcosa di assolutamente puro, è fatto di una varietà di pigmenti, come sa chiunque abbia dipinto di bianco i muri di casa, trovandosi davanti a una gamma numerosa tra cui scegliere”.

Tali suggestioni tornano utili, tornando ad Air. Una pittrice pura di cui mi stupiscono sia il talento istintivo a esprimere una potenza non comune, sia il rapido percorso di crescita che la sta portando, stagione dopo stagione, a perfezionare un linguaggio personale, una cifra riconoscibile e una sempre più convincente sicurezza nei propri mezzi. E’ oggi artista completa, pittrice che può aspirare al confronto sul panorama internazionale.

La sua nuova personale si intitola The White Shadows, a un anno da quella presso la Fondazione Maimeri di Milano, e presenta una serie di opere recenti in cui è il bianco a farla da padrone con il duplice effetto di straniamento e cancellazione. Straniamento perché  ricerca l’effetto in continui cambi di direzione, frutto di una condizione instabile retta su pentimenti e ripensamenti. Difficile, se non impossibile, trovare un centro nei suoi dipinti: invita a perdersi nella nebbia dei suoi bianchi vaporosi, irregolari eppure materici, segno evidente che lei la pittura la maneggia decisamente bene. Cancellazione a esprimere il combattimento interiore tra sé e la sua cultura che affonda le radici nel classico, conseguenza implicita del suo essere italiana e mediterranea. Ad Air piacciono le immagini e la loro memoria ma non vuole più esserne prigioniera. Ha bisogno di bianco, di pulizia, di rigore per operare al meglio. Tutto questo si capisce bene curiosando nei suoi sketches, non propriamente disegni preparatori ma fogli di appunti sparsi dove Air scrive, annota, cancella per poi lasciare alla pittura il compito di sovvertire il rapporto tra i segni del tempo e il senso del presente, dove vuole essere solo e semplicemente se stessa.

Air tenta quindi una delle sfide più difficili per chi si cimenta nell’arte del dipingere oggi, nell’era del contemporaneo: affrontare il bianco e smaterializzarlo

    Posted in: Critics